Questa tavola aveva già grande reputazione in antico se nel 1655, quando veniva ritoccata, giusta la scritta a tergo, dal pittore fiorentino Alessandro Rosi, la si teneva per opera di Leonardo. Il ritocco è stato tolto e il dipinto, pur nella superficie alquanto consunta, si presenta ora chiaramente leggibile.
È senza dubbio l’opera più antica fin qui pervenutaci dal maestro; anche innanzi il Battesimo e le prime parti del polittico di San Sepolcro; perciò, intorno al ’40, quando Piero stava con Domenico Veneziano. All’ arte di questi egli è qui infatti amicissimo, nella tenerezza dei trapassi (vedi per esempio l’ombra lieve portata sulle carni dalla collanina del Bimbo), nel paese di toni bruciati, maculato dagli alberi, come poi nel Battesimo. Ma ad un tempo vi è intensissima la ricerca prospettica, la cui ossessione, nell’ambiente artistico fiorentino, cade appunto in questi anni.
Si osservi che il problema è stato qui di collocare il gruppo divino nello studiatissimo intervallo fra due piani verticali: il primo dato dallo stipite e dal davanzale su cui s’inflette l’ultima piega del drappo azzurro-grigio della Vergine, il secondo, arretrato, dal muro in cui si apre la finestra con l’imposta rosso-bruna sottilmente scorciata.
E la definizione prende maggiore accento dal nimbo in prospettiva della Vergine, che rade a segno sotto lo sguancio.
Questo intenso «problematismo» ritorna sul rovescio in forma non più figurale, ma astratta e inanimata. Qui il quesito è stato di collocare, nel misurato intervallo tra due analoghi piani verticali, un vaso di legno commesso di doghe studiosamente ricurve. E anche per il colore, ridotto a varie gradazioni di bruno, il risultato è di un perfetto modello per un futuro intarsio «lendinaresco ».
Roberto Longhi
Madonna con il Bambino
1435-1439
tempera su tavola, 53 x 41 cm
Newark, Delaware, The Alana Collection
(già Collezione del Senatore Contini-Bonacossi, Firenze)
