In arte libertas. La riscoperta dell’identità italiana

I rapporti e gli scambi tra l’ambiente preraffaellita e quello italiano hanno in Giovanni Costa una figura di riferimento, fungendo da collegamento con quei colleghi italiani che iniziavano a guardare alle lezioni del passato attraverso il metro d’oltremanica. In particolare, Costa stabilì un fecondo rapporto intellettuale con Frederic Leighton.

Sulla scorta degli ideali artistici espressi da Costa e con la benedizione di Gabriele d’Annunzio, nel 1885 Alessandro Morani e Alfredo Ricci teorizzavano, sul modello di quanto avvenuto in Inghilterra, la nascita di un gruppo attorno all’idea di un rinnovamento dell’arte. Prese vita così la società “In Arte Libertas” che coinvolse immediatamente un discreto numero di pittori fra cui, oltre a Costa, Vincenzo Cabianca, Onorato Carlandi, Enrico Coleman, Mario de Maria, Giuseppe Raggio, Alfredo Ricci, Lemmo Rossi-Scotti.

Esposto nel 1889 alla IV mostra dell’associazione, l’idillio campestre Lavori di Maggio di Morani dimostrava come l’artista avesse recepito non solo la lezione di Giovanni (Nino) Costa, ma assimilato anche un’impostazione in linea con l’estetica preraffaellita. Quello stesso anno, Giuseppe Cellini – che rivestì un ruolo di primaria importanza in questa prima fase – presentava Fantasia all’annuale rassegna della Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, testimoniando il proprio ‘eclettismo’ di matrice dannunziana, contraddistinto dal recupero del mito non più come puro riferimento erudito, bensì come processo di conoscenza intuitiva del reale, in una visione estetizzante in cui convergono fonti diverse, da Nino Costa a Arnold Böcklin, dai Deutsch-Römer ai Preraffaelliti.

Giulio Aristide Sartorio presentò nella rassegna del 1890 di “In Arte Libertas” sia l’enorme tela I figli di Caino (1885-1888) sia una serie di paesaggi a pastello, ma soprattutto l’opera Figura di
donna-Epoca bizantina che preludeva al revivalismo bizantineggiante testimoniando quel timido primo approdo al preraffaellismo che troverà piena attuazione nel decennio seguente. Con Le Vergini savie e le Vergini stolte Sartorio approfondisce la cultura preraffaellita. La scelta del trittico su tavola, l’elaborata cornice gotica intagliata, sono tutti chiari elementi riferibili alla tradizione primitiva del Trecento e Quattrocento italiano con cui Sartorio ebbe modo di confrontarsi in occasione dei viaggi nel nord Italia.

Sul finire del secolo entrarono anche Adolfo De Carolis e Adolfo de Bosis, poeta e editore della rivista letteraria “Il Convito”, sulle cui pagine comparvero aggiornati studi di Sartorio proprio sul preraffaellismo. La Madonna presentata al concorso Alinari del 1900 coniuga l’arte dei Primitivi italiani (Masaccio, Pinturicchio, Della Robbia, Benozzo Gozzoli, Piero della Francesca) al tardo preraffaellismo estetizzante di Rossetti e Burne-Jones rivestendosi di un’aura di mistica sacralità.

Il soggetto mitologico delle Castalidi – con riferimento alla fonte Castalia, sacra al dio Apollo, intorno alla quale danzano alcune ninfe (o muse) – è interpretato come emblema della capacità trasfigurante dell’arte e dell’eterno rinnovarsi dell’ispirazione poetica; concetto, questo, ribadito anche nella iscrizione presente in cornice: “Vanno cantando vecchi canti con nova letizia”.

Con la serie Idilli anche Giulio Bargellini si avvicinò, almeno iconograficamente, ai temi neogreci prediletti da Alma-Tadema. Nei circoli anglo-americani della Firenze di fine secolo, si era affermato Filadelfo Simi componendo le sue opere con “la solennità di un quattrocentista”, capace di rendere attuale i propri modelli rinascimentali – Botticelli, in primis – in immagini di moderna bellezza.