Dante nella cinematografia

Quando si pensa all’immenso lavoro di Dante con la sua Commedia, l’attenzione non può non cadere immediatamente sulla rivoluzione apportata dal Sommo Poeta alla poesia e alla lingua italiana, un qualcosa di mai visto prima della pubblicazione del suo capolavoro.
 
Dante, però, ci ha regalato un’altra grandissima novità che da sempre influenza l’immaginario collettivo: l’idea e la rappresentazione della morte, dell’aldilà e del peccato.
Anche ora se chiedessimo all’ “uomo della strada” di rappresentare un demone, un peccatore, il paradiso, il purgatorio o, soprattutto, l’inferno, probabilmente non sarebbe molto distante da una delle immagini che Dante ci ha descritto in terzine più di 700 anni fa.
 
A prescindere da come venga immaginata dai lettori la vita oltre la morte, se fedele o meno a ciò che viene narrato nella Divina Commedia, l’opera dantesca ha in generale stimolato una riflessione sul tema portando gli esseri umani ad interrogarsi sull’idea di peccato e su cosa avrebbero trovato dopo la morte.
 
Qualunque sia il tipo di “spunto narrativo”, l’influenza della Commedia è stata, è e sarà talmente potente che, ancora oggi, continuano ad essere proposti prodotti multimediali di ogni tipo che, in un modo o nell’altro, riportano citazioni più o meno volute di quello che Alighieri aveva in testa al momento della stesura della sua immortale opera.
 
I film sulla vita di Dante, o quella dei protagonisti delle sue opere, sono numerosi: possiamo citare “Dante’s Inferno” del 2010, “Il mistero di Dante” del 2014 o, tornando indietro nel tempo, “Maciste all’inferno” del 1926. La selezione che andremo ad analizzare insieme vuole dimostrare come le “influenze” dantesche abbiamo ispirato produzioni piuttosto eterogenee.
 
“Inferno” (2016):
 
Per la terza volta Ron Howard traspone al cinema le vicende di Robert Langdon, protagonista dei best seller firmati da Dan Brown. I thriller dello scrittore statunitense hanno tutti una forte componente storica, molto spesso legata all’Italia: basti pensare a “Il codice Da Vinci” o “Angeli e Demoni”, ambientato perlopiù in Vaticano. Per questo non poteva mancare tra le sue opere un romanzo che avesse come spunto narrativo la vita di Dante e la sua rappresentazione dell’Inferno. Tutte le vicende, gli sviluppi narrativi e gli indizi che Robert Langdon trova nel corso della storia fanno riferimento alla vita e alle opere del Sommo Poeta. Addirittura un ruolo fondamentale per arrivare al completamento del caso viene dato alla maschera funebre di Dante che, quindi, diventa non solo spunto narrativo ma vero e proprio argomento della storia.
Senza fare troppi spoiler, il film (quindi il libro) racconta dei folli propositi di un miliardario transumanista di provocare un’epidemia di peste e bloccare, così, la crescita demografica. L’obiettivo di Langdon è, ovviamente, quello di trovare le fiale ed impedire il contagio, argomento abbastanza attuale.
La valenza “infernale” della storia è quindi duplice: se da una parte l’Inferno di Dante è protagonista del film come base per ricostruire il piano per contrastare la crescita demografica, dall’altra parte quello che viene raccontato è un “Inferno terreno”, dove i peccatori sono, per le idee del miliardario, le persone comuni che stanno sovrappopolando il pianeta e che, per questo, devono essere fermate trasformandole in milioni di “dannati” incapaci di riprodursi: un contrappasso crudele per l’intera umanità.
“Inferno” è, quindi, un thriller pieno di citazioni sulla vita di Dante, anch’essa a tratti un vero e proprio giallo, ma è anche una riflessione sul tema del peccato e della dannazione contemporanea e come sia cambiata dalla stesura della Commedia ad oggi: una realtà fatta di mitomani che giocano a fare Dio con la presunzione di dannare le anime in terra per salvare il pianeta.
 
“Seven” (1995):
 
La tematica dell’ “Inferno terreno” e conseguente dannazione degli esseri umani continua anche nel film di David Fincher. Un altro thriller in cui uno spietato serial killer “punisce” tramite atroci torture persone selezionate in quanto rappresentanti dei sette vizi capitali: gola, avarizia, accidia, invidia, superbia, ira e lussuria.
L’aspetto più interessante, seppur crudele, è la scelta del “contrappasso” che qui non è inteso come condanna da scontare per l’eternità ma si esprime nella modalità con cui l’assassino uccide i suoi “peccatori”: ogni dipartita ha una relazione diretta con il peccato commesso dalle vittime, una scelta spietata ma collegata al comportamento in vita dei “dannati”. Esattamente come descritto da Dante Alighieri, che ai dannati dell’Inferno non ha risparmiato pene efferate, soprattutto quando si trattava di suoi nemici!
 
 
“Al di là dei sogni” (1998):
 
Molto presente il tema dell’aldilà e della sua rappresentazione anche nel film interpretato da Robin Williams e ispirato al romanzo di Richard Matheson. Chris e Annie sono una coppia, dopo aver dovuto sopportare una serie di vicissitudini drammatiche Chris muore mentre soccorre i feriti di un incidente. È qui che subentra l’influenza di Dante nel racconto: il protagonista viene supportato nella gestione del “trapasso” da una sorta di Virgili che gli infonde la forza necessaria per riuscire a lasciare il mondo terreno, allontanarsi dalla moglie e arrivare nell’aldilà.
L’aldilà rappresentato in questo film lascia spazio ad ulteriori spunti poiché non è uno spazio vissuto dalle anime in egual maniera ma è l’anima stessa a proiettare la propria idea di “vita eterna”: ad esempio quella di Chris-Robin Williams ricorda nitidamente l’atmosfera ricreata dai quadri della moglie pittrice. L’eternità non è quindi solamente una, ma è il riflesso di ciò che abbiamo vissuto e ognuno di noi la figura come crede.

“Coco” (2017):
 
Per alleggerire un po’ la tematica, anche se sempre di morte si parla, la Disney Pixar ha portato al cinema un lungometraggio per avvicinare i propri spettatori al concetto di aldilà. Coco racconta le vicende del piccolo Miguel Rivera, un bambino messicano che sogna di diventare musicista nonostante l’opposizione della sua famiglia, durante la celebrazione messicana del Dia de los Muertos, “escamotage” che permette di trasportare il protagonista nel “mondo dei morti” e di fargli incontrare i suoi trisavoli senza cadere in nulla di tetro e angosciante.
Il rimando all’aldilà raccontato anche nella Divina Commedia è dato dall’aiutante, nonchè guida spirituale, di Miguel: un cane dal nome che non lascia spazio ad alcun dubbio, Dante!
Il tema della morte, affrontato sempre con il massimo candore per sensibilizzare i piccoli spettatori, è stato trattato dai creatori Disney Pixar anche nell’ultima uscita: “Soul”. Un ulteriore esempio di quanto sia importante costruire uno o più immaginari collettivi rispetto a ciò che succede dopo la morte, così da temere il meno possibile quel momento e creare dei ponti con chi non c’è più.
 
 
“Totò all’inferno” (1955) – “La solita commedia” (2015)
 
Terminiamo con due commedie, di due epoche lontane tra loro, anche per sottolineare quanto l’opera di Dante sia di continua ispirazione e si presti ad essere trattata anche con sfumature parodistiche. Nella prima vediamo addirittura Totò scendere all’Inferno dopo vari tentativi di suicidio ed essere scambiato dai dannati per la reincarnazione di Marcantonio. Qui i collegamenti con la Divina Commedia sono numerosi e palesi, già a partire dall’ambientazione, anche se a livello narrativo si notano alcune imprecisioni.
La seconda, invece, segue il successo della serie de “I soliti idioti” con Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio. La storia racconta di come la struttura “tradizionale” dell’Inferno non sia più adatta per accogliere i dannati per i peccati “moderni” e, così, Dante viene riportato sulla terra per catalogare nuovi gironi. La volontà è quella di ridisegnare l’Inferno in chiave moderna.
 
 
Cosa c’è nell’aldilà? Come ce lo immaginiamo? Chi sono i nuovi peccatori? E i nuovi contrappassi? Tutti interrogativi che continuiamo a porci grazie ad un’opera senza precedenti, che ha cambiato radicalmente il punto di vista riguardo a ciò che ci aspetta nell’aldilà.
La Divina Commedia è scritta per essere letta e riletta, interpretata in maniera diversa a seconda del periodo storico in cui ci si trova: un racconto continuo diviso in “puntate”, una più appassionante dell’altra. Che sia una bella idea per farci una nuova serie? Di fatto, è già bella che scritta.

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