Quando si parla di Dante viene spontaneo pensare alla “canzone”, la canzone petrarchesca per essere precisi. Ovvero una canzone formata da un numero indeterminato di strofe, endecasillabi o settenari, nelle quali poter esprimere liberamente i concetti che si hanno in mente, alternando, a seconda della volontà, il numero delle sillabe e sfruttando le rime, come no.
Una definizione di “canzone” che può farci venire in mente qualcos’altro, no? Ad esempio le “canzoni contemporanee”! Che altro non sono che componimenti che sfruttano le regole di derivazione dantesca per stravolgerle (o seguirle) con l’aiuto della musica.
Non è un caso, quindi, che moltissimi artisti riprendano i versi di Dante per i loro testi, vista la musicalità dettata dalla loro struttura, o gli argomenti trattati nei suoi componimenti.
Si può dire che Dante sia tra i fondatori della musicalità universale, oltre ad essere un punto di riferimento per trattare con assoluta originalità argomenti di vario tipo con gusto e poesia.
Sono numerosi gli artisti che hanno portato Dante all’interno dei loro testi.
Ne porteremo in rassegna alcuni, nel tentativo di mostrare la versatilità di generi e artisti che il “Sommo”” può raccogliere.
Argenti vive – Caparezza (2014)
“Ciao Dante, ti ricordi di me? Sono Filippo Argenti,
il vicino di casa che nella Commedia ponesti tra questi violenti.
Sono quello che annega nel fango, pestato dai demoni intorno.
Cos’è, vuoi provocarmi, sommo? Puoi solo provocarmi sonno!”
Il rapper pugliese porta nel suo album “Museica” del 2014 uno degli episodi più violenti dell’intera Divina Commedia: l’incontro tra Dante e Filippo de’ Cavicciuli, detto Argenti.
Siamo nel Canto VIII dell’Inferno, V Cerchio, quello degli iracondi. Dante e Virgilio sono trasportati da Flegias sulla barca e un dannato coperto di fango si avvicina a loro: è Filippo Argenti. Nonostante l’aspetto irriconoscibile Dante capisce di chi si tratta e lascia partire un’invettiva nei suoi confronti:
«E io: “Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago”.
Ed elli a me: “Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disïo convien che tu goda”.
Dopo ciò poco vid’ io quello strazio
far di costui a le fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
Tutti gridavano: “A Filippo Argenti!”;
e ‘l fiorentino spirito bizzarro
in sé medesmo si volvea co’ denti.»
(Inferno, VIII, 52 -63)
Filippo Argenti era schierato dalla parte dei guelfi neri, i motivi di odio tra lui e Dante Alighieri erano innumerevoli, pubblici e privati, considerando anche il fatto che le due famiglie erano vicine di casa. La vicenda richiederebbe un articolo a sé, ma qui vogliamo concentrarci sul brano di Caparezza che di fatto “passa il microfono” nelle mani di Filippo Argenti, dandogli la possibilità di rispondere alle offese rivoltegli nel passaggio della Divina Commedia che lo vede protagonista, dando vita ad uno dei capisaldi della musica rap: il dissing, ovvero il “mancare di rispetto”, attraverso i versi, ad un rivale.
Se ci pensiamo, Dante è stato un precursore di questa pratica: anch’egli attraverso i versi propone punti di vista e giudizi senza preoccuparsi troppo di offendere altre persone (oltre a Filippo Argenti, pensiamo a Forese Donati) e non è un caso che Caparezza la utilizzi, adattandola alla musica contemporanea.
Le parole del Filippo Argenti di “Museica” sono crude e pesanti, criticano i versi di Dante, cercando uno scontro fisico con il Sommo Poeta che, nel caso, se la darebbe a gambe levate:
“Alighieri, vedi, tremi, mi temi come gli eritemi, eri te che mi deridevi?
Devi combattere, ma te la dai a gambe levate, ma quale vate? Vattene!”
Lo slang è quello “del ghetto” ed il parallelismo tra i due stili di dissing è chiaro e stridente, giocando anche sul carattere di Filippo Argenti, posto tra gli iracondi e al quale giungono a noi varie leggende di violenza:
“Non è vero che la lingua ferisce più della spada, è una cazzata
Cosa pensi tenga più a bada, rima baciata o mazza chiodata?”
Qui Dante e la Divina Commedia non sono solamente uno spunto, ma il vero tema centrale, con una sorta di rivisitazione e adattamento storico dettato dal linguaggio e dalla musica.
La risposta di Filippo Argenti è forte e credibile proprio perché inserita nello stesso “campionato” di Dante Alighieri, quello fatto di versi e metrica.
Serenata Rap – Jovanotti (1994)
Una citazione decisamente più letterale dei versi di Dante Alighieri si ritrova in “Serenata Rap”, brano di Jovanotti del 1994:
“Amor che a nullo amato amar perdona, porco cane
Lo scriverò sui muri e sulle metropolitane
Di questa città.”
Il verso citato è tra i più famosi della Divina Commedia: siamo nel Canto V dell’Inferno e troviamo Paolo e Francesca.
“Amor, ch’a nulla amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.”
(Inferno, V, 103 -105)
“L’amore che non consente a nessuno che sia amato di non ricambiare mi prese per la bellezza di costui con tale forza che, come vedi, non mi abbandona neppure adesso”. Uno dei concetti più potenti inerenti l’amore, proveniente da due amanti che per questo saranno dannati per sempre, che forse vuole essere un monito per i lettori.
Lorenzo “Jovanotti” Cherubini, da artista curioso e studioso, inserisce questo verso nella sua “serenata rap” dedicata alla persona amata, creando un ulteriore parallelismo tra questo genere e i versi danteschi, sottolineando come i due si incastrino alla perfezione e come alcune parole siano talmente potenti da durare per centinaia di anni, senza necessariamente trovarne di nuove.
Al ballo mascherato – Fabrizio De André (1973)
All’interno di uno degli album più celebri e rivoluzionari di Fabrizio De André, “Storia di un impiegato” del 1973, troviamo il brano “Al ballo mascherato”. Qui ritroviamo sia Dante che Paolo e Francesca.
In questo caso i protagonisti del Canto V dell’Inferno non vengono citati per veicolare versi e parole d’amore ma si fanno metafora della società in cui il concept album è immersa:
“Dante alla porta di Paolo e Francesca
Spia chi fa meglio di lui
Lì dietro si racconta un amore normale
Ma lui saprà poi renderlo tanto geniale
E il viaggio all’inferno ora fallo da solo
Con l’ultima invidia lasciata là sotto un lenzuolo
Sorpresa sulla porta d’una felicità
La bomba ha risparmiato la normalità
Al ballo mascherato della celebrità”
È complicato cogliere a pieno il significato di questo estratto senza aver presente tutta la narrazione del disco, quella di un giovane impiegato che, ispirato da un canto del Maggio francese, decide di ribellarsi dalla sua condizione. “Al ballo mascherato” descrivere il suo primo sogno, quello in cui immagina di fare esplodere con la sua bomba tutti i simboli del potere, in questi versi rappresentato da Dante, in contrapposizione ai due amanti “Paolo e Francesca”, simbolo di “normalità”.
L’esplosione, quindi, spazzerà via tutti i potenti, ipocriti e bacchettoni, salvando i secondi: una contrapposizione tra buoni e cattivi, dal punto di vista dell’ “impiegato”.
Un utilizzo ulteriore della metafora dantesca: un’ispirazione senza limiti.
Tra le granite e le granate – Francesco Gabbani (2017)
Nel singolo estivo del 2017 di Francesco Gabbani, solo apparentemente frivolo e scanzonato, troviamo il celebre verso 9 del III Canto dell’Inferno “lasciate ogne speranza,voi ch’entrate” ricorrere più volte ad anticipare i ritornelli.
“Foto di gruppo sotto il monumento
Turisti al campo di concentramento
E sulle spiagge arroventate
Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”
Il brano attraverso una serie di stereotipi denuncia l’atteggiamento dell’italiano medio in vacanza, sempre alla ricerca di un “divertimento a tutti i costi”, paragonando l’ingresso a questi luoghi turistici con quello dell’Inferno. Un paragone forte ma che rende l’idea del concetto espresso sarcasticamente in questa canzone.
2 + 2 = 5 (The lukewarm) – Radiohead (2003)
Doppio significato letterario nel titolo di questo brano dei Radiohead inserito nell’album “Hail to the Thief”.
Mentre la prima parte richiama la società distopica raccontata da George Orwell in “1984”, il sottotitolo, “The lukewarm”, letteralmente “il tiepido”, è un riferimento agli ignavi descritti da Dante nel Canto III dell’Inferno.
In merito alla citazione lo stesso Thom Yorke ha dichiarato: “gli ignavi non hanno fatto nulla di sbagliato, semplicemente non hanno fatto niente di niente. E così Dante li giudica. Pensiamo sia un ottimo modo per spiegare il concetto di 2 + 2 = 5”: gli ignavi sono i dannati ideali per essere sottomessi ad una società che basa le proprie regole sulla menzogna poiché privi di azioni e reazioni a qualsiasi cosa. Un collegamento intertestuale tra tre opere artistiche di contesti completamente diversi.
Inferno – Claver Gold, Murubutu (2020)
Per concludere, una vera discesa all’Inferno contemporaneo. Claver Gold e Murubutu, in questo concept album da ascoltare con attenzione, vestono i panni di Dante e Virgilio contemporanei, districandosi tra citazioni della vera Divina Commedia e riletture di storie e significati alla ricerca di nuove metafore per descrivere la nostra società, esattamente come Dante fece all’inizio del 1300.
Ancora una volta il rap con rime serrate e potenti è capace di ribadire come il linguaggio fatto di metriche e contenuto sia senza tempo e sappia adattarsi ad ogni contesto artistico, continuando a mettersi alla prova per stupire lettori e ascoltatori.
Naturalmente si potrebbero citare tante altre canzoni che riportano Dante tra i loro testi, da “Compagno di scuola” e “Notte prima degli esami” di Antonello Venditti fino a “Alighieri” di Roberto Vecchioni, passando per “Testamento” di Franco Battiato o “Siamo chi siamo” di Ligabue. Ma una cosa è certa: i versi di Dante Alighieri, oltre a non smettere mai di ispirare artisti di tutto il mondo, hanno posto la base della poesia e della musica, tracciando una via che ancora oggi influenza la scrittura e il suono delle parole, concetti basilari per scrivere canzoni potenti capaci di rimanere per sempre nell’immaginario collettivo.