PERSONA. LO SPECCHIO, LA MASCHERA, IL VOLTO
Chi negherà di essere una persona? Quale espressione più nobile per indicare l’unicità irripetibile di un individuo? Da un punto di vista fisico (il corpo), morale (la manifestazione della ragione, del carattere e del comportamento), giuridico (l’ambito dei diritti e dei doveri): tutto questo lo indichiamo con una parola: persona.
Nell’antichità persona indicava la maschera. Se per greci maschera e volto erano concettualmente identici, non così per i latini. La parola greca prosopon indicava il volto visto, il volto che sta davanti agli occhi dello spettatore. La maschera era il volto dell’attore e guardava con gli occhi dell’attore. Per i latini con persona si indicava la maschera teatrale. Mentre la maschera dei greci era animata dall’attore, per i latini le maschere indicavano le diverse tipologie teatrali dei personaggi.
Pensando con categorie giuridiche, i romani inseriscono alcune distinzioni tra maschera e volto. Se persona allude all’atto linguistico che essa veicola, far risuonare (per – sonare) la parola, per indicare il volto, si usavano altri due termini: facies (l’inglese face), il volto naturale, e vultus, che è il volto animato dalla mimica espressiva. La maschera era un oggetto privo di volto e del suo movimento o mimica. Mentre la maschera funeraria, che i greci non avevano, viene definita dai latini imago (da cui immagine). Essa riproduceva il volto naturale del defunto e veniva indossata durante le celebrazioni funebri da un attore.
Il pensiero filosofico stoico e quello giuridico (Cicerone) conducono il termine alla definizione di un ruolo individuale e sociale. Furono i teologi cristiani tardo-antichi (da Tertulliano a Origene a Gregorio di Nazianzo, Boezio) a svincolare il concetto di persona, inteso come ruolo, dall’ambito teatrale, producendo uno spostamento nel campo semantico. Persona indica l’individualità irriducibile del soggetto e la sua realtà di relazione con l’altro, fino ad usare la parola per la definizione di Dio. Un Dio che è Padre, Figlio e Spirito.
Quando si tornò a fare teatro, per dire maschera si assumerà un termine nuovo: il termine arabo Mashara.
Lo specchio (speculum) costituisce l’esperienza che sta alla base di ciò che chiamiamo immagine (da imago). E l’immagine è all’origine del linguaggio. Istituisce la relazione tra visibile e dicibile. Nella vita quotidiana e nell’arte. Da oggetto strumentale, privo di intenzionalità, che duplica l’immagine, riflettendola, lo specchio diviene riflessione, pensiero “speculativo”, simbolo e metafora.