IL VOLTO E LO SGUARDO

A partire dal dopoguerra, la diffusione di massa delle nuove tecnologie – la fotografia, il cinema, la tv – hanno modificato radicalmente il rapporto dell’uomo con la propria immagine, fino ad arrivare a una inflazione della figura umana con la pubblicità e il selfie. In lotta con un mondo in cui l’identità si identifica con l’immagine, e l’immagine si replica all’infinito, l’artista si fa opera, alla ricerca della propria peculiare identità. In questa immanenza scorge l’altro da sé, possibile epifania del senso.

Nel 1959, Michelangelo Pistoletto dipinge alcuni autoritratti in cui si rappresenta a dimensione reale, sempre più immobile e inespressivo, con cappotto informe e tratti allungati: alter ego dell’artista, questa figura è denominata “uomo nero”. Per farla emergere dall’oscurità, utilizza una miscela di olio e tempera, poi sostituita da uno spesso strato di vernice trasparente. L’artista ricorda quando nel 1961 “su un fondo nero, verniciato fino a diventare specchiante, ho cominciato a dipingere il mio viso, l’ho visto venirmi incontro, staccandosi nello spazio di un ambiente in cui tutto si muoveva, e ne sono rimasto scioccato”. Come nel mito di Narciso, l’artista si specchia, ma questa volta nel suo riflesso accanto a sé trova l’Altro: “Il mio autoritratto è diventato l’autoritratto del mondo”.

Con i suoi autoritratti fotografici, fatti di sguardi, di grande formato e di straordinario impatto emotivo, anche Chuck Close trascina lo spettatore dentro l’opera. Sempre esposto, il corpo, il suo, è lo strumento principale dell’arte di Marina Abramovic, che spesso incoraggia gli spettatori a partecipare alle proprie performance. In Ecstasy I, attraverso il semplice gesto di inclinare la testa, e socchiudere gli occhi, l’artista sembra suggerire che solo guardando dentro noi stessi, nella coscienza, ci è consentito di comprendere ciò che sta fuori di noi.

Seppur in modo diverso, anche al centro della riflessione di Mario Ceroli vi è l’uomo, “essere culturale complesso […] confuso nel caos della vita, in costante tensione tra il voler essere individuo e l’aspirazione ad avvicinarsi a Dio” (Zanon). Nel ritrarre l’uomo, Ceroli finisce per ritrarre sé stesso.

Bill Viola ricorda, col video Self Portrait, Submerged (Autoritratto, sommerso), come a sei anni tuffandosi in un lago fosse pericolosamente finito sul fondo e ammirando il mondo subacqueo, immerso in una luce blu diffusa, avesse compreso l’incanto del mondo. Da allora l’acqua diventerà l’elemento salvifico della sua arte. L’acqua gli consente di andare oltre la superficie delle cose, di puntare all’anima. Ogni autoritratto – ha scritto Alberto Boatto – ci restituisce l’immagine di un uomo scampato alla rovina del tempo, un sopravvissuto che batte alla nostra finestra.

Una luce crepuscolare, una visione escatologica ammantano la riflessione esistenziale dell’ultima produzione artistica di Carlo Guarienti: l’artista, a cui è toccato in sorte il dono di un’esistenza secolare, nell’ultima parte della sua lunga parabola creativa indaga i temi della memoria attraverso atmosfere evanescenti, restituendoci una riflessione sul senso dell’opera d’arte, il cui fine è quello di sopravvivere al suo creatore.