“ACQUISTAR NOME”. IL RUOLO SOCIALE DELL’ARTISTA
Il Quattrocento ci offre una serie di autoritratti inseriti nelle scene collettive. Dapprima essi sono segnati dall’intimità dell’artista con il soggetto dipinto, in seguito l’artista diviene presenza testimoniale del proprio protagonismo all’interno dell’opera, guardando verso lo spettatore. Ne è un eccezionale esempio in mostra la tavola con la Presentazione di Gesù al tempio di Giovanni Bellini.
In tali scene l’artista vi compare anche come “io narrante”, commentatore del significato morale della sua opera, come nelle Storie dell’Anticristo che Luca Signorelli affresca ad Orvieto. In questo percorso vi è lo sviluppo di una ricerca di identità da parte dell’artista che si fa interprete, tra forma e significato, della sua opera stessa e attesta il proprio ruolo sociale. Ma un punto d’eccezione lo aveva stabilito Dürer, non solo elaborando una forma ieratica e divinizzata di sé stesso, ma codificando la traccia del proprio pensiero nella serie dei suoi disegni, fra tutti quello qui esposto dedicato al riformatore Melantone.
Nei primi anni del Cinquecento a Firenze, Raffaello traduce il concetto ficiniano della bellezza neoplatonica nella “diletta giovinezza” della sua immagine e nei lavori alla Farnesina. Parmigianino porta al culmine quel percorso. Una significativa ripresa del genere si ha con le prime opere di Sofonisba Anguissola. Sia Parmigianino sia Sofonisba usano la figura dello specchio come strumento e come metafora. In entrambi i casi gli autoritratti testimoniano dell’abilità dell’artista.
Col pieno Cinquecento si afferma definitivamente, mentre si sviluppa il genere della biografia, l’autoritratto singolo, frontale o di tre quarti per acquisire profondità, con gli occhi specchiati, rivolti all’interlocutore. Si tratta dell’attestazione individuale dell’artista come figura professionale affermata, come personaggio riconosciuto. I ritratti di amici, di uomini illustri, e gli autoritratti con altri soggetti diventano frequenti, segnando una tendenza che va oltre la committenza. In questa chiave, qui si possono ammirare le opere di Pontormo e Lorenzo Lotto.
In questa chiave meditativa, autobiografica, l’artista ricorrerà anche all’autoritratto eroicizzato, per comunicare la propria condizione spirituale e il proprio tormento: Michelangelo fissa il proprio ritratto dapprima nella pelle scuoiata di San Bartolomeo nel Giudizio sistino, in seguito nel volto di Nicodemo della Pietà Bandini.