Illustrare il mito

La cultura grafica europea a partire dal Neoclassicismo aveva distillato grandi interpreti dei poemi omerici, primo fra tutti John Flaxman le cui illustrazioni, dal contorno quasi cesellato e privo di volume e di profondità, determinarono fra la fine del Settecento e i primi del XIX secolo una rivoluzione dell’incisione e del disegno. La suggestione della tecnica flaxmaniana, senza chiaroscuri, avrà una rapida diffusione in tutta Europa stimolando ulteriori versioni incise dei poemi omerici, specialmente in ambito tedesco, la cui eco è riscontrabile in alcune incisioni del principale protagonista della grafica simbolista europea: Max Klinger. Il suo approccio al mito, in cui le suggestioni fantastiche coesistevano con le tendenze realistiche, influenzò intere schiere di incisori come Otto Greiner, ma anche oltre i confini germanici come ad esempio gli artisti italiani.

La formidabile capacità di approfondimento e analisi del dato oggettivo tipica della linea tedesca aveva infatti marcato lo sviluppo di autori come Duilio Cambellotti e il suo cenacolo di allievi. Anche Adolfo De Carolis, che impresse alla grafica italiana la sua impronta dominante, predilesse la mitologia greca anziché latina costituendo un repertorio organico costellato di nudi muliebri e maschili, guerrieri trasfigurati in eroiche comparse di tempi mitici traducendo in immagini quella nuova esegesi dell’antico che aveva preso le mosse grazie a Gabriele d’Annunzio e al suo poema Maia.

La maggior parte degli artisti europei tra Ottocento e Novecento perseguì però un approccio rabdomantico alle fonti classiche traducendo graficamente la narrazione omerica in una immagine stereotipata della grecità. Tracciando una sorta di geografia iconografica le avventure di Ulisse rivestirono infatti un ruolo relativamente defilato, suscitando una serie di reazioni profondamente individuali basate sull’eco della ricezione di Omero nelle diverse aree nazionali.

In area francese emerse, ad esempio, un considerevole caleidoscopio di immagini collegate ad alcune mitiche figure femminili dell’Odissea che ben si adattavano al nuovo ideale di donna e la cui raffigurazione divenne il pretesto per l’identificazione con la femme fatale, sanguinaria e passionale: Circe e le sirene furono le portavoci di un’idea di femminilità ferina, crudele e malvagia, consentendo altresì di permeare i versi omerici di un’aurea di sottile e raffinato erotismo.

Un vero e proprio recupero del poema omerico in campo editoriale fu dovuto al moltiplicarsi delle società bibliofile che diedero impulso alla produzione di libri illustrati di lusso, stampati spesso in tirature di poche centinaia di copie. Se la produzione di incisioni “libere”, svincolate cioè dall’illustrazione, a tema omerico fu praticamente insignificante dal punto di vista della quantità, nel periodo cosiddetto The Golden Age of Illustration – sviluppato grazie al progresso delle tecnologie tipografiche – apparvero alcune straordinarie edizioni illustrate dell’Odissea edite sorprendentemente anche fino agli anni trenta del XX secolo. Su tutte occorre menzionare le edizioni di François- Louis Schmied, uno dei maggiori interpreti dell’illustrazione e della tipografia déco, i cui libri richiedevano, per la loro complessa e ricercata realizzazione, dai due ai sei anni di lavoro, ma soprattutto l’opera di Willy Pogany, uno dei più noti e prolifici illustratori attivi fra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, che rielaborò la linea di Flaxman restituendo fantastiche suggestioni del mondo antico.