L’ultimo romantico
HAYEZ E IL SENTIMENTO DELLA NAZIONE
Consacrato da Giuseppe Mazzini come il “capo della scuola di Pittura Storica, che il pensiero Nazionale reclamava in Italia”, il veneziano Francesco Hayez è stato, assieme al coetaneo e amico Rossini, il protagonista del Romanticismo a Milano negli anni precedenti l’unificazione. Scomparso a novantuno anni, nel 1882, continuò, anche quando la sua stagione pareva tramontata, a essere considerato un modello non solo per la pittura storica, ma anche per gli altri generi in cui aveva primeggiato, come il ritratto e la pittura sacra.
E’ restato intatto il fascino, testimoniato dalla sua straordinaria capacità di saper rappresentare il nudo femminile, delle sue eroine bibliche, come Tamar di Giuda e Ruth, dove egli interpreta la tradizione, soprattutto cinquecentesca e secentesca, in chiave moderna. Nella loro luminosa e sensuale bellezza, le sue eroine divennero il simbolo del riscatto dell’Italia e delle sue aspirazioni alla libertà.
Dopo aver affrontato per l’ultima volta l’impegno dei temi storici, rappresentando due episodi del Medioevo relativi al grande papato di Gregorio VII e alle ambizioni dell’imperatore Ottone II, Hayez ritornò, dopo un lungo silenzio, a realizzare un originale capolavoro come La distruzione del Tempio di Gerusalemme: drammatica riflessione, a partire dal destino tragico del popolo ebraico, sugli orrori della storia. Esposto a Milano nel 1867, l’opera fu donata a Venezia un anno dopo il ritorno della città all’Italia.
Nello stesso anno, Hayez aveva inviato opere esemplari, all’altezza della sua fama, tra cui Il martirio di San Bartolomeo, la Riconciliazione tra Ottone II e la madre Adelaile, e il Ritratto del conte di Cavour, all’Esposizione universale di Parigi.