Tra Classicismo e inquietudine
Tensioni formali nel Cinquecento
Nel Cinquecento le iconografie della mirrofora e del Noli me tangere, rielaborate nei diversi contesti, prevalgono come modello narrativo, anche se non mancano le altre rappresentazioni, soprattutto le deposizioni. La grazia e l’invenzione scenica, la selezione intellettuale della realtà, consone alla bella maniera, daranno al personaggio una maggiore individualità e una nuova contestualizzazione. Si pensi ai capolavori presenti di Romanino e di Moretto.
La fortuna del Noli me tangere descrive un tempo nel quale il rinnovamento spirituale cerca ancora una sintesi persino formale tra il cielo e la terra: la forma classica, la bellezza idealizzata come correlativo oggettivo di una ricercata e forse creduta perfezione interiore. Il gusto per il naturalismo descrittivo, un respiro paesistico e una nota di intimità colloquiale attraversano le varianti del modello: da Garofalo a Paolo Veronese a Federico Barocci a Tintoretto.
I ritratti sono l’altra variante. Paradigmatica è la Maddalena di Savoldo, che nel fermo immagine dell’istante ritratto, apre un dialogo con l’osservatore sul mistero che avvolge la sua figura e il suo destino.
Ne seguiranno altre, dai leonardeschi Bernardino Luini e Giampietrino, a Bachiacca, da Mabuse a Jan Massys, a Domenico Robusti, talora con più insistenza sui dettagli, a cominciare dalla preziosità del vaso d’unguento. Il linguaggio si enfatizza fino a drammatizzarsi nel venir meno degli elementi prospettici, nelle figure poste in uno spazio al limite del reale.
Ma sul finire del secolo riprenderà forza, grazie a Tiziano, anche il modello della Maddalena penitente, oramai spoglia degli “abiti firmati” e rivestita di una sensualità nuova. Il ritorno a soggetti quali la conversione e il pentimento, incontreranno di lì a poco le forme nuove della spiritualità del Grand Siècle.