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Protagonista della sensuale spiritualità del Seicento

La Maddalena fu l’eroina preferita del secolo XVII. Le molteplici tappe della sua vita consentivano di sviluppare un’intera azione su più versanti: religiosi e sociali. Temi come la confessione, la riparazione, la rinuncia, la perfezione avevano risvolti morali e sociali. Sacro e profano assieme. Tra la sensualità della peccatrice e l’ascesi del pentimento, il suo personaggio descriveva un equilibrio mutevole, in una oscillazione anche sociale tra colpa ed eroismo. Offrire agli occhi mondani una dama mondana che volgeva la sua vicenda alla santità, significava garantire il controllo sociale.

Con le pubblicazioni dei testi dei tre grandi mistici carmelitani, Maria Maddalena de’ Pazzi, Teresa d’Avila e Juan de la Cruz, il secolo avvia un nuovo linguaggio spirituale, sospeso tra l’annullamento di sé e lo spasmo carnale. Le predicazioni e gli scritti sulla Maddalena attraversano la mistica e la trattatistica del Seicento, da Bossuet a Bérulle, a Pascal, a Le Brun. Analogo processo avviene nella letteratura e nel teatro.

Nel ritrarre la Maddalena, i pittori e gli scultori cercano nuovi stilemi e modelli figurativi per rappresentare i nuovi sentimenti, attraverso le emozioni di una santa amante. «L’estasi d’amore, il rapimento non di conoscenza, ma di piacere», secondo l’espressione di Francesco di Sales, consente agli artisti di scrutare l’abisso, tra rapimento mistico e piacere carnale.

L’arte reinterpreta. Il tema delle transverberazioni, dell’estasi della Maddalena esprimono pienamente il senso nuovo dell’incontro col divino. Qui il catalogo è lungo: da Guercino a Saraceni, a Strozzi, da Reni a Vouet a Lanfranco, ad Alonso Cano. Un filone rappresentativo che sfocerà nell’estetica mondana delle Maddalene di artisti come Cagnacci, Furini e Rosi, dove il pentimento e la conversione non celano il desiderio carnale e mostrano una incontenibile sensualità.

In questo percorso, il secolo svilupperà anche quella sequenza formidabile di figure magdaleniche come Vanitas, che avranno in George de la Tour e in Jusepe de Ribera i modelli di riferimento per un nuovo genere. Il quadro di vanità celebrerà l’instabilità delle forme dell’essere, raccontando la realtà nella sua fugacità, nella provvisorietà umbratile dell’esistenza, nella quale Dio si è nascosto rivelandosi.