La ridefinizione architettonica dello spazio
TRA SACRO E PROFANO
Si deve alla famiglia Farnese il coinvolgimento dei grandi architetti italiani che hanno attraversato il Cinquecento e parimenti anche l’espressione più eclatante dell’invadenza del committente nel dominio dell’architetto. Paolo III trovò in Antonio da Sangallo il Giovane l’interprete congeniale a prefigurare l’immagine architettonica del supremo dominio feudale della famiglia. Oltre al grande palazzo in Campo Marzio, affidato a Sangallo, che doveva esprimere la raggiunta dignità papale, Paolo III si rivolse nel 1537 alla radicale riforma urbanistica dell’area capitolina, rendendo operante la presenza di Michelangelo nella cultura architettonica romana. Superata la metà del secolo, gli indirizzi della cultura architettonica, ignorando l’originalità e l’anticonformismo delle ultime proposte michelangiolesche, si sottoposero a un processo di normalizzazione, fra sperimentalismo e tradizione rinascimentale, secondo un’impostazione che ebbe in Jacopo Barozzi da Vignola il suo indiscusso protagonista.