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Il “Neofeudalesimo” Farnesiano

“La vita mondana e intellettuale che si conduceva nelle residenze farnesiane era, a partire dal 1530 circa, tale da non cedere in nulla alle corti di Madrid, Londra, Parigi, Firenze e Vienna; anzi, sotto alcuni aspetti, queste uscivano dal confronto in posizione sfavorevole.” Sono le parole con le quali Federico Zeri nel suo Pittura della Controriforma (1957) ci consegna la centralità e l’eccezionalità della produzione artistica fiorita alla corte Farnese.

Tiziano, nel suo indimenticabile capolavoro Ritratto di Paolo III e i nipoti, ci restituisce l’immagine politica, il manifesto programmatico di una famiglia nobiliare che Zeri ha definito, per ragioni di nepotismo e di mecenatismo illuminato, “neo-feudalesimo farnesiano”. Per ragioni di opportunità nel ritratto di Tiziano manca il figlio di Paolo III, Pier Luigi, chiamato dal papa a governare il neonato ducato di Parma e Piacenza, scorporato dai domini pontifici, e il suo posto è preso dal nipote Ottavio.