Poetiche del presente: dall’informale al citazionismo

Negli anni Sessanta l’atelier come luogo di produzione culturale diventa testimone di atmosfere scandite dalla complicità fra creatori di moda e artisti. Sono emblematici i casi di Mila Schön, Germana Marucelli e Andy Warhol. Creatori che utilizzano il progetto dell’abito come spazio di riflessione sui linguaggi della contemporaneità e che coltivano il dialogo con gli artisti per trasformarsi in interpreti visionari delle forme del loro tempo.

In alcuni casi le fogge tradizionali vengono ripensate nella struttura e nei materiali per fare eco alle opere d’arte; in altri casi, la presenza dell’artista non è solo evocata, ma diventa fisica e tangibile, perché entra concretamente in rapporto con il progetto del sarto: sono queste collaborazioni che segnano una stagione nella quale il progetto di “moda” si manifesta come una disciplina rigorosa, e non come una frivola espressione dell’estro del creatore assoluto.

Mila Schön è tra le prime a portare la sperimentazione in sartoria. Senza mai rinunciare al rigore e alla coerenza la stilista crea nuove lavorazioni; ponendo attenzione a linea, colore, superficie, esplora le possibilità e i limiti della tecnica e della materia. È nella sfilata del gennaio 1969 che il rapporto tra ricerca artistica e progettazione di moda diventa chiaro e tangibile nella sua produzione. In due abiti da sera in lana Mila Schön introduce addirittura la gestualità del taglio presente nei Concetti spaziali dell’amico Lucio Fontana. Esclusivo è il rapporto che lega Germana Marucelli alla produzione poetica italiana e alle sperimentazioni dell’arte contemporanea. Nascono lavori sartoriali scaturiti dal sodalizio artistico con lo scenografo Piero Zuffi, il pittore Massimo Campigli e con Giacomo Manzù. In seguito con esponenti delle nuove tendenze come Paolo Scheggi e Getulio Alviani.

Negli anni Sessanta, l’energia caotica e incontrollabile delle rivoluzioni culturali e artistiche, quali il New Dada di Robert Rauschenberg e la Pop Art di Andy Warhol e Jim Dine scardinano il futuro dell’arte, della moda e del costume, disseminando sollecitazioni estetiche di forte impatto, spesso dissacranti. Non da meno sono le collaborazioni – altrettanto d’avanguardia – con Giuseppe Capogrossi, Enrico Baj e Arnaldo Pomodoro.

Accanto all’influenza dell’arte contemporanea, negli stessi anni si registra un inedito recupero degli stili del passato. Grazie all’opera d’arte lo stilista avvia un lavoro straordinario di attualizzazione delle linee, delle forme e dei colori rispetto ai periodi precedenti. Una traduzione degli stili dell’arte verso una estetica sociale innovativa, dunque, che vede schierarsi in prima linea i principali nomi della haute couture italiana e internazionale. Yves Saint Laurent presenta nel 1965 una collezione di abiti dove il rigore dello stile di Piet Mondrian è adattato alle curve femminili, senza compromettere la geometria dei modelli. Alla poetica del ‘citazionismo’ attingono con raffinata inventiva anche grandi Maison italiane, quali quelle di Giorgio Armani, Valentino, Gianni Versace, Renato Balestra, Prada, fondendo assieme l’arte e la moda.