Ricordati di me
LA NOSTALGIA DEL FUTURO NEL PURGATORIO
Il ritorno a Dio è il tema centrale del Purgatorio. Se «l’acque perigliose», il «mare di questa vita», come spiega il Convivio, che ognuno deve affrontare tenevano la figura del I Canto, «acque migliori» sono quelle purgatoriali, che simboleggiano il battesimo e ricordano l’uscita degli Israeliti dall’Egitto («in exitus Israel de Aegypto»).
Se l’Inferno era stato il regno di apparizioni terribili e drammatiche emozioni, il Purgatorio, di luce e d’ombra, svolge il simbolismo dell’io narrante più su un piano esistenziale. Più profondo il suo rapporto con Virgilio, più evidente il ruolo della donna, incarnato da due apparizioni emblematiche: Matelda e Beatrice.
Una figura intensamente e psicologicamente reale e non idealizzata si è poi imposta nell’immaginario romantico e moderno, diventando, nonostante le poche ma indimenticabili terzine, quasi l’emblema della condizione femminile. E’ Pia de’ Tolomei, la nobildonna senese che invoca, in quell’icastico «ricordati di me», la condivisione di Dante del suo infinito dolore e della sua funesta vicenda, che i versi «Siena mi fé, disfecemi Maremma: / salsi colui che ‘nnanellata pria / disposando m’avea con la sua / gemma» tengono nel mistero.
Tra il declinante romanticismo e l’insorgente realismo, la pittura e la scultura hanno gareggiato nell’evocare lo strazio e la malinconia dei personaggi e dei luoghi, cercando una caratterizzazione che Dante invece aveva evitato grazie ad una meravigliosa indeterminatezza che proietta il dramma della Pia in una dimensione universale.
La vicenda di Provenzan Salvani, che si riscatta dal peccato di superbia con un atto di umiltà mendicando nella piazza del Campo per liberare un amico prigioniero di Carlo I d’Angiò, ha offerto a Cassioli l’occasione per una superba rievocazione della vita nella Siena medievale.
L’apparizione di Matelda, nuova Proserpina, che simboleggia la condizione umana prima del peccato originale, con la sua figura immersa nella natura del Paradiso terrestre ha suscitato alla fine dell’Ottocento l’interesse dei simbolisti. Tra essi Maignan, che ne ha fatto l’emblema dell’aspirazione ad una condizione edenica diffusa in un momento di profonda crisi dei valori sociali.
L’immagine conclusiva del Purgatorio è affidata alla Trasfigurazione di Lorenzo Lotto. Il riferimento a Lotto è interpretativo. Lotto pur non privo di richiami raffaelleschi, propone dell’episodio evangelico una rilettura volutamente anticlassica, «arcaicizzante», tutta attraversata da un sentimento di grande inquietudine religiosa, al limite della rottura con la sensibilità della corte pontificia. Lotto rilegge il racconto del Vangelo di Matteo, in particolare nel punto dello smarrimento degli apostoli: «furono presi da grande timore» (Mt. 17,6). Senza alcun riferimento diretto a Dante, Lotto elabora tuttavia, come ha affermato Pietro Zampetti, «il quadro della protesta e della crisi». Protesta contro la corruzione della Chiesa (che Dante in una delle immagini allegoriche che gli appaiono nel Canto XXXII definisce prostituta) e inquietudine per la crisi spirituale.